Il lutto

Il lutto

“Solo coloro che evitano l’amore possono evitare il dolore del lutto. L’importante è crescere attraverso il lutto e restare vulnerabili all’amore (J. Bratner

A tutti nella vita capiterà o è capitato di dover dire addio a una persona cara. Come diceva Bowlby (1979), “le emozioni più laceranti gli esseri umani le sperimentano in situazioni di costrizione, mantenimento e soprattutto rottura dei legami affettivi”. E’ dunque chiaro che il lutto porta con sé emozioni dolorose e un quadro complesso di vissuti interiori.

La prima regola da ricordare è che il lutto non va patologizzato. Non sempre le emozioni di lutto vanno gestite, spesso vanno solo legittimate: “non sei depresso, sei in lutto”. Questo è un primo punto che le persone spesso dimenticano, cercando subito soluzioni per coloro che stanno vivendo la perdita di un proprio caro, non accettando che la profonda tristezza sia un’emozione normale.

Il lutto è caratterizzato da un tipico processo che si articola nelle seguenti fasi:

  1. Shock e disorientamento
  2. Rabbia e protesta
  3. Disperazione
  4. Riorganizzazione

Durante la fase di disperazione la persona vive sentimenti inconsolabili di dolore. Chi sta vicino a qualcuno che vive la disperazione del lutto, può condividere con l’altro i sentimenti di dolore ma non consolarlo. Non si può, non è fattibile. Bisogna piangere tutte le proprie lacrime e va bene così.

La fase di riorganizzazione del lutto è possibile se si riesce a mantenere un contatto con la persona persa, se non ci si separa e si mantiene un legame. Purtroppo, non sempre è facile riorganizzarsi; ci sono i cosiddetti “lutti irrisolti, in cui le persone indugiano in una fase del lutto senza riuscire a trovare pace. In questo caso è importante ricorrere all’aiuto di un professionista che possa aiutare la persona a elaborare e gestire le proprie emozioni e fasi del lutto (che possono essere caratterizzate da regolazione emotiva in eccesso o in difetto con la negazione del dolore).

Quando penso all’elaborazione del lutto, non trovo niente di meglio de “La morte non è niente” di Henry Scott Holland per descriverla:

“La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu.

Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.”

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