Il valore della tristezza

Il valore della tristezza

Lavorando in seduta con gli adolescenti, spesso, succede che molti di loro riportino di provare tristezza in diversi momenti delle loro giornate. In molti casi, riportano questo dato con angoscia o perplessità, in quanto loro stessi per primi si interrogano sul perché di tale emozione: sono giovani, spesso di buona famiglia, in salute e con tante possibilità; i padri, le madri e gli amici lo sottolineano, non c’è nessun motivo per cui debbano sentirsi così. Quello che io chiedo loro è: “perché no? perché non dovresti avere il diritto di essere triste?”. La nostra società non ama la tristezza, ne ha paura, la descrive come un’emozione da falliti. Eppure, la tristezza è parte di noi. Perché un adolescente non può rattristarti, chi lo decide?

Sfatiamo il mito per cui esistono delle condizioni che ovviano la tristezza e altre che non lo fanno. Ognuno di noi ha il diritto per soffrire e gioire per avvenimenti diversi, a seconda del significato che acquisiscono per noi. A volte basta legittimare i ragazzi a poter essere tristi in certi momenti per cancellare in loro la preoccupazione e riacquisire una dimensione di normalità.

La tristezza è un’emozione che spesso cerchiamo di non sentire e di nascondere ma è anche attraverso quest’emozione che si raggiunge l’equilibrio psichico. E’ bene distinguerla dalla depressione, un disturbo psichiatrico con sintomi (fisici e psicologici) e criteri specifici da soddisfare in termini di durata, intensità e quantità (vedi manuale diagnostico DSM V); quindi provare tristezza non ci rende per forza “depressi”.

Quante volte abbiamo cercato di non ascoltare le nostre emozioni di tristezza, di nasconderle tra un lavoro e l’altro, di soffocarle riempiendoci la vita di impegni o immergendoci in un videogioco o un Social network? Ci sembra che la tristezza non debba esserci, riusciamo a tollerarla sempre meno, ne abbiamo paura. In realtà però, il benessere e l’equilibrio psicofisico può nascere solo dalla corretta interazione tra le emozioni, permettendoci di soffermarci su ognuna di esse, dandoci qualche volta anche l’occasione di stare in silenzio, spegnendo TV, smartphone e computer senza paura, ascoltando il suono delle nostre emozioni, accogliendo anche la tristezza. In questo modo impareremo a gestire i momenti difficili senza cadere nell’ansia, senza perdere il controllo, accettando e comprendendo che tutte le nostre emozioni hanno un ruolo e un senso nella nostra mente. Ecco allora il valore delle lacrime, che hanno il fascino di poter essere figlie sia della gioia che della tristezza, ed hanno la capacità di farci sentire sollevati aiutandoci a non tenerci tutto dentro.

Un consiglio va quindi a genitori, educatori e insegnanti: non impedite ai ragazzi di essere tristi, non riempite la loro vita di impegni, educateli anche al silenzio, all’attesa, all’ascolto di se stessi, del proprio corpo e delle proprie emozioni, solo così potranno crescere sereni e in equilibrio.

Dottoressa Chiara Luongo

Biblio: Gibran K. (2014). Il Profeta. Garzanti: Milano.
            http://www.stateofmind.it

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